Le Voci

Il pane di Pesach

Il pane di Pesach

I popoli che si affacciano sul Mediterraneo hanno dei simboli che rispecchiano le loro origini e tradizioni.
Se pensiamo all’acqua, ritroviamo nelle religioni monoteiste, il significato di sacralizzazione e purificazione.
Pensiamo all’officiante, che si lava le mani prima della benedizione, al rituale del bagno dei piedi prima di entrare in moschea e delle mani e del viso prima della preghiera, all’aspersione dell’acqua nel Battesimo.
Così se si pensa al grano, ritroviamo nella focaccia, cucinata ancor oggi sulla superficie rovente di piastre metalliche a forma rotonda, da arabi e drusi, quelle pitte che in Israele e nei paesi vicini si trovano al mattino sulle tavole imbandite con verdure, frutta, olive e humus. Questa pitta rappresenta il pane lievitato.
Se invece non si arriva al punto di lievitazione si ottiene il cosiddetto “pane azzimo”. A Pesach, la Pasqua ebraica, il pane azzimo sostituirà il pane lievitato.
Il precetto di mangiare pane non lievitato ricorda sia come gli ebrei avessero lasciato in tutta fretta l’Egitto, per mettersi in salvo dal faraone e non avessero avuto il tempo di far lievitare la pasta di pane, ma anche il privarsi di un pane che nella lievitazione esprime un concetto di impurità e corruzione.
Si è da poco celebrato Pesach, che nella prima sera unisce le famiglie ebraiche in una cena chiamata Seder (“ordine”). Infatti la cena si svolge con un ordine prestabilito, raccontando il periodo di schiavitù in Egitto fino alla liberazione.
Il rito si apre con la domanda del più giovane della famiglia e cioè in cosa si differenzia questa sera dalle altre:
perché intingiamo le verdure in due liquidi, aceto e haroseth (haroseth = impasto di frutta fresca e secca) e non in uno solo;
perché mangiamo solo erba amara;
perché mangiamo solo pane azzimo e non anche pane lievitato.
È da queste domande che inizia la narrazione.
Sulla tavola è disposto un piatto con le vivande che una alla volta faranno parte del rituale, ognuna con un suo significato: la lattuga ed il sedano ricorderanno i tempi amari passati in Egitto, l’impasto di frutta ricorderà la malta impiegata nella costruzione delle piramidi, l’uovo ricorderà un periodo di lutto e la distruzione del Tempio, e le tre azzime stanno a rappresentare i due pani (halloth) della cena del venerdì e la terza sarà quella che durante la cerimonia verrà spezzata e una parte costituirà l’Afikomen, che sarà l’ultimo boccone di chiusura del Seder.
Le altre due azzime ricordano anche le due distribuzioni di manna nel deserto avvenute per il venerdì.
E così attraverso la descrizione dell’officiante e dei commensali, anche il più piccolo della famiglia imparerà il significato di Pesach attraverso il Seder.

Neva Giovanella, Haifa

  admin   Apr 30, 2015   Le Voci, Pani di Pasqua   0 Comment Read More